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[St. 27-30] | libro iii. canto viii | 121 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Boiardo - Orlando innamorato III.djvu{{padleft:131|3|0]]
27 Come egli andasse per la strata a passo,
Cotal saliva quel pagano arguto.
Quivi era il ruïnare e il gran fraccasso:
Adosso a lui ciascun cridava aiuto.
Se Lucifero uscito o Satanasso
Fosse giù da lo abisso e qua venuto
Per disertar Parigi e ogni sua altura,
Non avria posto a lor tanta paura.
28 E nondimanco in tanti disconforti
Se adiffendiano per disperazione,
Chè ad ogni modo se reputan morti,
Nè stiman più la vita o le persone.
Poi che, condotti a dolorosi porti,
Veggion palese sua destruzïone,
E pali e dardi tranno a più non posso
Con sassi e travi a quel gigante adosso.
29 Lui pur salisce e più de ciò non cura,
Come di penne o paglia mosse al vento;
Già sopra a’ merli è sino alla cintura,
Nè ’l contrastar val, forza nè ardimento.
Come egli agionse in cima a quelle mura,
E nella terra apparve il gran spavento,
Levossi un pianto e un strido sì feroce,
Sino al cel, credo io, gionse quella voce.
30 Ma quel superbo una gran torre afferra,
E tanta ne spiccò quanta ne prese;
Quei pezzi lancia dentro dalla terra,
Dissipa case e campanili e chiese.
Orlando non sapea di tanta guerra,
Chè in altra parte stava alle contese;
Ma la gran voce che di là si spande
Venir lo fece a quel periglio grande.
10. P. Si d'/etidevati. — 24. P. Che sino al cielo gionse.