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[St. 35-38] libro iii. canto viii 123

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35 La gente saracina, che è fuggita
  Per la gionta de Orlando, ora tornava,
  Più assai che prima mostrandosi ardita;
  Chè Rodamonte sì se adoperava,
  Che ciascuno altro volentier lo aita.
  Di qua di là gran gente se adunava:
  Balifronte di Mulga e il re Grifaldo
  E Baliverzo, il perfido ribaldo.

36 Quivi era Farurante di Maurina
  E il franco Alzirdo, re di Tremisona,
  Il re Gualciotto di Bellamarina
  Ed altri assai che ’l canto non ragiona;
  Tutti non giongeranno a domatina,
  Chè Brandimarte, la franca persona,
  Ne mandarà qualcun pur allo inferno,
  E qualcuno Olivier, se ben discerno.

37 Stati ad odire il fatto tutto a pieno,
  Chè or se incomincia da dover la danza.
  Salamon vide il figlio de Ulïeno,
  Qual più de un braccio sopra alli altri avanza:
  Ove il colpo segnò, nè più nè meno,
  A mezo il petto il colse con la lanza;
  Quella se ruppe, e ’l Pagan non se mosse,
  Ma con la spada il Cristïan percosse.

38 Il scuto gli spezzò quel maledetto,
  Le piastre aperse, come fosser carte,
  E crudelmente lo piagò nel petto;
  Gionse allo arcione e tutto lo disparte,
  Il collo al suo ronzon tagliò via netto.
  Ora a quel colpo gionse Brandimarte,
  E, destinato di farne vendetta,
  Sprona il destriero e la sua lancia assetta.

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