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1 Poi che il mio canto tanto a voi diletta,
Chè ben ne vedo nella faccia il signo,
Io vo’ trar for la citera più eletta
E le più argute corde che abbia in scrigno.
Or vieni, Amore, e qua meco te assetta,
E se io ben son di tal richiesta indigno,
Perchè e mirti al mio capo non se avoltano,
Degni ne son costor che intorno ascoltano.
2 Come nanti l’aurora, al primo albore,
Splendono stelle chiare e matutine,
Tal questa corte luce in tant’onore
De cavallieri e dame peregrine,
Che tu pôi ben dal cel scendere, Amore,
Tra queste genti angelice e divine;
Se tu vien’ tra costoro, io te so dire
Che starai nosco e non vorai partire.
4. P. la p. arguta corda. — 14. P. angelicìip.
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