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42 orlando innamorato [St. 23-26]

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23 Partiti da la fata del castello,
  Ove l’arme di Ettòr già star suoleano,
  Sorìa, Damasco e quel paese bello
  Senza travaglia già passato aveano.
  Sendo gionti sul mare ad uno ostello,
  Perchè era tardi aloggiar vi voleano,
  Ma quello è aperto ed è disabitato,
  Nè appar persona intorno in verun lato.

24 Guardando giuso al lito il re Gradasso,
  Verso una ripa a pietre dirocata,
  Ove la batte l’onde e il mare al basso
  Stava una dama ignuda e scapigliata,
  Che era legata con catene al sasso,
  Chiedendo morte la disconsolata.
  - Morte, - diceva - o tu, morte, me aiuta,
  Chè ogn’altra spene è ben per me perduta! -

25 E cavallier callarno incontinente
  Giuso nel fondo di quel gran petrone
  Per saper meglio l’aspro conveniente
  Di quella dama, e chi fosse cagione;
  Ma lei piangeva sì dirottamente,
  Ch’e sassi mossi avria a compassïone,
  Dicendo a quei baron: - Deh! per pietate
  Tagliatime qua tutta con le spate.

26 E se il celo o fortuna vôl che io pèra,
  Per le man de omo almen possa perire,
  Nè divorata sia da quella fiera,
  Chè peggio assai è il strazio che il morire. -
  Volean saper la cosa tutta intiera
  E duo baron, ma lei non potea dire,
  Sì forte in voce singiociva, e tanto
  Tra le parole gli abondava il pianto.

1. P. fata e dal. — 8. Mr. omm. ìiitonio; P. Xè appare persona in.

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