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[St. 35-38] libro iii. canto iii 45

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35 Così ragiona, e la faccia serena
  Piangendo bagna quella sventurata.
  Tenea Gradasso le lacrime apena,
  E già dal fianco avea tratta la spata
  Per rompere e tagliar quella catena,
  Con la qual quivi al sasso era legata;
  Ma la dama cridò: - Per Dio, non fare!
  Morto serai, nè me potrai campare.

36 Questa catena, misera! dolente!
  Per entro al sasso passa nella tana;
  Come toccata fosse, incontinente
  Scocca uno ordegno e suona una campana;
  E se quel maledetto se risente,
  Ogni speranza del fuggire è vana.
  Per piani e monti e ripe e lochi forti
  Mai non vi lasciarà, sin che vi ha morti. -

37 A Mandricardo molta voglia tocca
  De odir se la campana avea bon suono.
  La dama non avea chiusa la bocca,
  Che è scosso la catena in abandono.
  Ben vi so dir che dentro là si chiocca:
  Sembra nel sasso risuonare un tuono;
  E la donzella pallida e smarita
  - Ahimè! - cridava - ahimè! mia vita è gita!

38 Sol de la tema tutta me distorco:
  Adesso qua serà quel maledetto. -
  Eccoti uscir de la spelonca lo orco,
  Che ha la gozaglia grande a mezo il petto;
  E denti ha for di bocca, come il porco,
  Nè vi crediati che abbi il muso netto,
  Ma brutto e lordo e di sangue vermiglio;
  Longhi una spanna ha e peli in ogni ciglio.

20. P. scussa. — 28. T. zogalia ; Mr. fjozalin.

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