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60 | orlando innamorato | [St. 31-34] |
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31 Durando aspra e crudel quella contesa,
Ecco Agramante ariva a la battaglia,
Che caccia e Cristïani alla distesa,
Come fa il foco posto ne la paglia.
Re Carlo e’ nostri non pôn far diffesa,
Tanta è la folta di quella canaglia,
Che sembra un fiume grosso che trabocca:
Per un de’ nostri, cento e più ne tocca.
32 Avanti a gli altri el re di Garamanta,
Io dico il dispietato Martasino,
Qual vien cridando, a gran voce se vanta
Di prender vivo il figlio de Pipino.
Tanto è il romore e la gente cotanta,
Che il campo trema per ogni confino,
E tale è il saettar fuor di misura,
Che al nivolo de’ dardi il cel se oscura.
33 La gente nostra fugge in ogni lato,
E quella che se arresta riman morta.
Quivi è Sobrino, il vecchio disperato,
Che per insegna il foco a l’elmo porta;
E Balifronte, in su un gambelo armato,
Taglia a due mano ed ha la spada torta;
E Barigano e Alzirdo e Dardinello
Ciascun de’ Cristïan fa più macello.
34 Oh! chi vedesse in faccia il re Carlone
Guardare il cielo e non parlar nïente:
E sassi mossi avria a compassïone,
Veggendol lacrimar sì rottamente.
- Campati voi, - diceva al duca Amone
- Campati, Naimo e Gano, il mio parente,
Campati tutti quanti, e me lassati,
Chè qua voglio io purgare e mei peccati.
9. T. altri il. — 13. P. omm. e. — 24. P. Ciaschedun de' Cristian fa. — 27. P. / sassi mossi avria a.