< Pagina:Boiardo - Orlando innamorato III.djvu
Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta.
[St. 35-38] libro iii. canto iv 61

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Boiardo - Orlando innamorato III.djvu{{padleft:71|3|0]]

35 Se a Dio, che è mio segnor, piace ch’io mora,
  Fia il suo volere, io sono apparecchiato;
  Ma questa è sol la doglia che mi accora,
  Che perir veggio il popul battezato
  Per man di gente che Macone adora.
  O re del celo, mio segnor beato,
  Se il fallir nostro a vendicar ti mena,
  Fa che io sol pèra e sol porti la pena. -

36 Ciascun di quei baron che Carlo ascolta,
  Piangono anco essi e risponder non sano.
  Già la schiera reale in fuga è volta,
  E boni e tristi in frotta se ne vano.
  La folta grande è già tutta ricolta
  Ove Rugiero e ’l sir de Montealbano
  Facean battaglia sì feroce e dura,
  Che de questi altri alcun de lor non cura.

37 Ma tanto è la ruina e il gran disvario
  Di quella gente, e chi fugge e chi caccia,
  Chi cade avanti, e chi per il contrario,
  E chi da un lato e chi d’altro tramaccia;
  Onde a que’ dui baron fu necessario
  Spartir la zuffa, e sì grande la traccia
  Gli urtava adosso e tanta la zinia,
  Che alcun di lor non sa dove si sia.

38 Partito l’un da l’altro e a forza ispento,
  Chè una gran frotta a lor percosse in mezo,
  Rimase ciascun de essi mal contento,
  Che non si discernia chi avesse el pezo;
  Ma pur Ranaldo è quel dal gran lamento,
  Dicendo: - O Dio del cel, ch’è quel ch’io vezo?
  La nostra gente fugge in abandono,
  Ed io che posso far che a piedi sono? -

Dicendo : Dio del cel , eh' è quel ch'io veggio? La nostra gente fugge in abandono. Et io che posso far, che a piedi sono ?

2. Mr. e P. Sia suo. — fi. P. Oh re. — 17. P. tanta - P. orarti, il, — 26. T. e Mr. mezo,

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.