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130 | la cena de le ceneri |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Bruno - Cena de le ceneri.djvu{{padleft:144|3|0]]de la sua meteora ha parlato come un che profetiza e divina. Chè, ben che lui medesmo tal volta non s’intenda, pure in certo modo zoppicando e mischiando sempre qualche cosa del proprio errore al divino furore, dice per il più e per il principale il vero. Or apportiamo quel, che lui dice, e vero e degno d’essere considerato, e poi soggiungeremo le cause di ciò, quali lui non ha possuto conoscere. Non sempre, dice egli, li medesmi luoghi de la terra son umidi, o secchi, ma secondo la generazione e difetto di fiumi si cangiano. Però quel, che fu ed è mare, non sempre è stato e sarà mare; quello che sarà ed è stato terra, non è, nè fu sempre terra; ma con certa vicissitudine, determinato circolo ed ordine, si de’ credere, che dov’è l’uno, sarà l’altro, e dov’è l’altro sarà l’uno. E se dimandate ad Aristotele il principio e causa di ciò, risponde, che gl’interiori de la terra, come li corpi de le piante ed animali hanno la perfezione, e poi invecchiano. Ma è differenza tra la terra e gli altri detti corpi. Perchè essi intieri in un medesmo tempo secondo tutte le parti hanno il progresso, la perfezione, ed il mancamento, come lui dice, il stato e la vecchiaja: ma ne la terra questo accade successivamente a parte a parte, con la successione del freddo e caldo, che cagiona l’aumento e la diminuzione, la qual seguita il sole ed il giro, per cui le parti de la terra acquistano complessioni e virtù diverse. Da qua i luoghi acquosi in certo tempo rimagnono, poi di nuovo si disseccano ed invecchiano, altri si ravvivano e secondo certe parti s’inacquano. Quindi veggiamo svanir i fonti, i fiumi or da piccioli dovenir grandi, or da grandi farsi piccioli e secchi al fine. E da questo, che li fiumi si cascano, proviene, che per necessaria conseguenza si tolgano i