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132 | la cena de le ceneri |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Bruno - Cena de le ceneri.djvu{{padleft:146|3|0]]dodici milia passi. Non si vede il medesmo in tutta la Provenza? Tutte le pietre, che son sparse per li campi, non mostrano un tempo esser state agitate da l’onde? La temperie de la Francia parvi che dal tempo di Cesare al nostro sia cangiata poco? Allora in loco alcuno non era atta a le viti; ed ora manda vini così deliziosi, come altre parti del mondo, e da’ settentrionalissimi terreni di quella si raccogliono li frutti de le vigne. E questo anno ancora ho mangiato de l’uve de gli orti di Londra, non già così perfette, come de’ peggiori di Francia, ma pur tali, quali affermano mai esserne prodotte simili in terra inglese. Da questo dunque, che il mare mediterraneo lasciando più secca e calda la Francia e le parti de l’Italia, quali io con li miei occhi ho viste, va inchinando verso la libra, seguita che, venendosi più e più a scaldarsi l’Italia e la Francia, e temprarsi la Britannia, doviamo giudicare, che generalmente si mutano li abiti de le regioni, con questo che la disposizion fredda si va diminuendo verso l’artico polo. Dimandate ad Aristotele: onde questo avviene? Risponde: dal sole e dal moto circolare. Non tanto confusa — ed oscuramente, quanto ancora da lui divina — ed alta — e verissimamente detto! Ma come? forse come da un filosofo? No: ma più presto come da un divinatore, o pur di uno, che intendeva e non ardiva di dire; forse come colui, che vede, e non crede a quel che vede, e se pur il crede, dubita di affirmarlo, temendo, che alcuno non venghi a costringerlo di apportar quella ragione, la qual non ha. Riferisce, ma in modo, col quale chiuda la bocca a chi volesse oltre sapere; o forse è modo di parlar tolto da gli antichi filosofi. Dice dunque, che il caldo, il freddo, l’arido, l’umido crescono e mancano