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18 la cena delle ceneri

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Bruno - Cena de le ceneri.djvu{{padleft:33|3|0]]del Nolano col dottor Torquato, ed il dottor Nundinio.

Fru. Vorrei sapere quel, che volete intendere per quel tetralogo.

Pru. Tetralogo dissi io, id est, quatuorum sermo, come dialogo vuol dire duorum sermo, trilogo trium sermo, e così oltre, de pentalogo, eptalogo, ed altri, che abusivamente si chiamano dialoghi, come dicono alcuni quasi diversorum loghi: ma non è verisimile, che li greci inventori di questo nome abbino quella prima sillaba: di, pro capite illius latinae dictionis: diversum.

Smi. Di grazia, signor maestro, lasciamo questi rigori di grammatica, e venemo al nostro proposito!

Pru. O saeclum! voi mi parete far poco conto de le buone lettere. Come potremo fare un buon tetralogo, se non sappiamo, che significhi questa dizione: tetralogo? et quod pejus est, penseremo, che sia un dialogo? Nonne a definitione et a nominis explicatione exordiendum, come il nostro Arpinate ne insegna?

Teo. Voi, messer Prudenzio, siete troppo prudente. Lasciamo, vi priego, questi discorsi grammaticali, e fate conto, che questo nostro ragionamento sia un dialogo, atteso che ben che siamo quattro in persona, saremo dui in officio di proponere e rispondere, di ragionare ed ascoltare. Or, per dar principio e riportar il negozio da capo, venite ad inspirarmi, o Muse! Non dico a voi, che parlate per gonfio e superbo verso in Elicona: perchè dubito, che forse non vi lamentiate di me al fine, quando dopo aver fatta si lungo e fastidioso peregrinaggio, varcati sì perigliosi mari, gustati sì fieri costumi, vi bisognasse discalze e nude tosto ripatriare, perchè qua non sono pesci per Lombardi. Lascio, che non solo siete straniere, ma siete ancor di quella razza, per cui disse un poeta:

Non fu mai Greco di malizia netto

Oltre che non posso innamorarmi di cosa, ch’io non vegga, altre, altre sono che m’hanno incatenata l’alma. A voi altre dunque dico graziose, gentili, pastose, morbide, giovani, belle, dilicate, biondi capelli, bianche guance, vermiglie gote, labra succhiose, occhi divini, petti di smalto e cuori di diamante, per le quali tanti pensieri fabrico ne la mente, tanti affetti accolgo nel spirto, tante passioni concepo ne la vita, tante lacrime verso da gli occhi, tanti suspiri sgombro dal petto e dal cor sfavillo tante fiamme, o voi, o Muse d’Inghilterra, dico, inspiratemi, soffiatemi, scaldatemi, accendetemi, lambiccatemi, e risolvetemi in liquore, datemi in succhio, e fatemi com parir non con un picciolo dilicato, stretto, corto, e succinto epigramma, ma con una copiosa e larga vena di prosa lunga, corrente, grande e soda: onde non, come da un arto calamo, ma come da un largo canale, mandi i rivi miei. E tu, Mnemosine mia, ascosa sotto trenta sigilli, e rinchiusa nel tetro carcere de l’ombre delle idee, intonami un poco nell’orecchio! — Ai dì passati vennero doi al Nolano da parte d’un regio scudiero facendogl’intendere, qualmente colui bramava sua conversazione, per intender il suo Copernico, ed altri paradossi di sua nuova filosofia. Al che rispose il Nolano, che lui non vedea per gli occhi di Copernico, nè di Tolomeo, ma per i proprii, quanto al giudizio, e la determinazione; ben che quanto a le osservazioni, stima dover molto

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