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70 | la cena de le ceneri |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Bruno - Cena de le ceneri.djvu{{padleft:84|3|0]]sii falsa, non però potrà essere improbata, per le ragioni geometriche, la opinione di Eraclito efesio, che disse, il sole essere di quella grandezza, che si offre a gli occhi; al quale sottoscrisse Epicuro, come appare, ne la sua epistola a Sofocle, e ne l’undecimo libro De natura, come riferisce Diogene Laerzio, dice, che, per quanto lui può giudicare, la grandezza del sole, de la luna e d’altre stelle è tanta, quanto a’nostri sensi appare; perchè, dice, se per la distanza perdessero la grandezza, a più ragione perderebbono il colore; e certo, dice, non altrimenti doviamo giudicare di que' lumi, che di questi, che sono a presso noi.
Pru. Illud quoque Epicureus Lucretius testatur quinto de Natura libro:
Nec nimio solis major rota, nec minor ardor
Esse potest, nostris quam sensibus esse videtur.
Naia quibus e spatiis dunque ignea lumina possunt
Adjicere, et calidum membris adflare vaporem,
Illa ipsa intervalla nihil de corpore limant
Flammarum, nihilo ad speciem est contractior ignis.
Luna quoque sive Notho fertur, sive lumino lustrans,
Sive suam proprio jactat de corpore lucem.
Quicquid id est nihilo, fertur majore figura.
Postremo quoscunque vides hinc aetheris ignes,
Dum tremor est clarus, dum cornitur ardor eorum,
Scire licet perquam pauxillo posse minores
Esse, vel exigua majores parte brevique,
Quandoquidem, quoscunque in torris cernimus ignes,
Perparvum quiddam interdum mutare videntur,
Alterutram in partem filum, cum longium absint.
Teo. Certo, voi dite bene, che con l’ordinarie e