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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Calani - Il Parlamento del Regno d'Italia.pdf{{padleft:353|3|0]]Non è nostra mente di rifare l’istoria della celebre campagna del 1859; ricorderemo soltanto al lettore i principali fatti compiuti dal nostro eroe, fatti che la istoria ha già consegnati nelle eterne sue pagine, per esser tramandati alla più larda posterità, e che ora vivi e splendidi stanno nell’animo e nella memoria di tutti i contemporanei.

Passato il Ticino, con una manovra, quanto pronta altrettanto ardila, Garibaldi si avanza sino a Varese, ove mirabilmente secondalo da quegl’intrepidi cittadini, può da prima contenere, quindi sbaragliare le schiere del maresciallo Urban, di quell’Urban che si era vantato di trionfare agevolmente del vincitore di Montevideo.

Presso Como egli raggiunge il nemico che lo aspettava ben munito sulle alture di San Fermo, e sbaragliatolo lo insegue indi impetuoso e terribile. L’Austriaco, quantunque fosse ben a lui superiore di numero e con artiglierie molte, pure si dette a si precipitosa fuga da lasciarsi addietro bagagli, gran quantità di armi, feriti e prigioni.

Questi rapidi movimenti, e fortunati scontri facevano si che, mentre ancora l’esercito alleato tenevasi sulla difensiva, già una gran porzione della Lombardia per fatto di Garibaldi e delle energiche sue schiere fosse liberata dalle tiranniche genti straniere.

Il Re si mostrò grato verso il nostro eroe e verso i suoi di tante prodezze, compartendo loro vivi encomi e onorifiche ricompense; la fama già gigante di Garibaldi si accrebbe in Italia e all’estero, ove tutti i giornali lo levavano a cielo.

Ben tosto, mentre l’armata alleata vinceva a Magenta, il gran zappatore del nazionale movimento si avanzava nella Valtellina, che faceva insorgere, e temerariamente quasi si spingeva sotto le mura di Brescia, sebbene quest’eroica città fosse ancora occupata dagli Austriaci. Ma questi, saputo appena l’appressarsi del liberatore di Como, la sgombrarono all’infretta, e non ancora l’ultimo tedesco aveva lasciato le mura di quella, che già in essa penetravano, festeggiati indicibilmente dalla commossa esultante popolazione, i Garibaldini.

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