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102 iii. ad angelo mai

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di noi qualche immortale:
ch’essendo questa o nessun’altra poi
l’ora da ripor mano alla virtude
25rugginosa dell’itala natura,
veggiam che tanto e tale
è il clamor de’ sepolti, e che gli eroi
dimenticati il suol quasi dischiude,
a ricercar s’a questa età sì tarda
30anco ti giovi, o patria, esser codarda.

  Di noi serbate, o gloriosi, ancora
qualche speranza? in tutto
non siam periti? A voi forse il futuro
conoscer non si toglie. Io son distrutto,
35nè schermo alcuno ho dal dolor, chè scuro
m’è l’avvenire, e tutto quanto io scerno
è tal che sogno e fola
fa parer la speranza. Anime prodi,
ai tetti vostri inonorata immonda
40plebe successe; al vostro sangue è scherno
e d’opra e di parola
ogni valor; di vostre eterne lodi
nè rossor più nè invidia; ozio circonda
i monumenti vostri; e di viltade
45siam fatti esempio alla futura etade.

  Bennato ingegno, or, quando altrui non cale
de’ nostri alti parenti,
a te ne caglia; a te, cui fato aspira
benigno sì che per tua man presenti
50paion que’ giorni allor che dalla dira
obblivione antica ergean la chioma,

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