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286 vii. inno ai patriarchi

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Prole de’ campi, o duce antico e padre
25Dell’umana famiglia, e tu l’errante
Per li giovani prati aura contempli:
Quando le rupi e le deserte valli
Precipite l'alpina onda feria
D’inaudito fragor quando li ameni
30Futuri seggi di lodate genti
E di cittadi romorose, ignota
Pace regnava e gl’inarati colli
Solo e muto ascendea l’aprico raggio
Di febo e l’aurea luna. Oh fortunata,
35Di colpe ignara e di lugubri eventi,
Erma terrena sede! Oh quanto affanno
Al gener tuo, padre infelice, e quale
D'amarissimi casi ordine immenso
Preparano i destini! Ecco chi sangue
40Gli avari colti e di fraterno scempio
Furor novello incesta, e le nefande
Ali di morte il divo etere impara.
Trepido errante il fratricida, e l’ombre
Solitarie fuggendo e la secreta
45Nelle profonde selve ira de’ venti,
Primo i civili tetti, albergo e regno
Alle macere cure, innalza; e primo
Il disperato pentimento i ciechi
Mortali egro, anelante, aduna e strinse
50Ne consorzi ricetti: onde negata
L’improba mano al curvo aratro, e vili
Fin gli agresti sudori; ozio le soglie
Scellerate occupo ne corpi inerti
Domo il vigor natio, languide, ignave
55Giacquer le menti; e serviti le imbelli
Umane vite, ultimo danno, accolse.

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