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640 XXXIV. LA GINESTRA

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225ns E infranse e ricoperse
In pochi istanti onde su quelle or pasce
La capra, e città nove
Sorgon dall’altra banda, a cui sgabello
Sbn le sepolte, e ie prostrate mura
230230 L’arduo monte al suo piè quasi calpesta.
Non ha natura al seme
Dell’uom più stima o cura
Che alla formica e se più rara In quello
Che nell’altra è la strage,
235235 Non avvien ciò d’altronde
Fuor che Iuom sue prosapie ha men feconde.
Rea mille ed ottocento
Anni varcàr poi che spariro, oppressi
Dall’ignea (o,za, i popolati Seggi,
240z E il villanello intento
Ai vigneti, che a stento n questi campi
Nutre la morta zolla e incenerita,
Ancor leva lo sguardo
Sospettoso alla vetta
245245 Fatal, che nulla mai fatta più mite
Ancor siede tremenda, ancor minaccia
A lui strage ed ai figli ed agli averi
Lor poverelli. E spesso
Il meschino in sul tetto
250z’i Dell oste’ villereccio, alla ngante
Aura giacendo tutta notte insonne,
E balzando più volte, esplora il como
Del temuto bollor, che si riversa
Dall’inesausto grembo
255255 Su I arenoso dorso, a cui riluce
Di Capri la marina
E di Napoli il porto e Mergellina.
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