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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Canti (Leopardi - Donati).djvu{{padleft:41|3|0]]
Ecco, tra nudi sassi o in verde ramo
e la fèra e l’augello,
del consueto obblio gravido il petto,
l’alta ruina ignora e le mutate
95sorti del mondo: e come prima il tetto
rosseggerá del villanello industre,
al mattutino canto
quel desterá le valli, e per le balze
quella l’inferma plebe
100agiterá delle minori belve.
Oh casi! oh gener vano! abbietta parte
siam delle cose; e non le tinte glebe,
non gli ululati spechi
turbò nostra sciagura,
105né scolorò le stelle umana cura.
Non io d’Olimpo o di Cocito i sordi
regi, o la terra indegna,
e non la notte moribondo appello;
non te, dell’atra morte ultimo raggio,
110conscia futura etá. Sdegnoso avello
placâr singulti, ornâr parole e doni
di vil caterva? In peggio
precipitano i tempi; e mal s’affida
a putridi nepoti
115l’onor d’egregie menti e la suprema
de’ miseri vendetta. A me d'intorno
le penne il bruno augello avido roti;
prema la fèra, e il nembo
tratti l’ignota spoglia;
120e l’aura il nome e la memoria accoglia.