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42 | i. canti |
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dispensator de’ casi. E tu, cui lungo
amore indarno, e lunga fede, e vano
d’implacato desio furor mi strinse,60
vivi felice, se felice in terra
visse nato mortal. Me non asperse
del soave licor del doglio avaro
Giove, poi che perîr gl’inganni e il sogno
della mia fanciullezza. Ogni piú lieto65
giorno di nostra etá primo s’invola.
Sottentra il morbo, e la vecchiezza, e l’ombra
della gelida morte. Ecco di tante
sperate palme e dilettosi errori,
il Tartaro m’avanza; e il prode ingegno70
han la tenaria diva,
e l’atra notte, e la silente riva.
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