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XIX
AL CONTE CARLO PEPOLI
Questo affannoso e travagliato sonno
che noi vita nomiam, come sopporti,
Pepoli mio? di che speranze il core
vai sostentando? in che pensieri, in quanto
5o gioconde o moleste opre dispensi
l’ozio che ti lasciâr gli avi remoti,
grave retaggio e faticoso? È tutta,
in ogni umano stato, ozio la vita,
se quell’oprar, quel procurar che a degno
10obbietto non intende, o che all’intento
giunger mai non potria, ben si conviene
ozioso nomar. La schiera industre,
cui franger glebe o curar piante e greggi
vede l’alba tranquilla e vede il vespro,
15se oziosa dirai, da che sua vita
è per campar la vita, e per sé sola
la vita all’uom non ha pregio nessuno,
dritto e vero dirai. Le notti e i giorni
tragge in ozio il nocchiero; ozio il perenne
20sudar nelle officine, ozio le vegghie
son de’ guerrieri e il perigliar nell’armi;
e il mercatante avaro in ozio vive:
ché non a sé, non ad altrui, la bella
felicitá, cui solo agogna e cerca