< Pagina:Canti (Leopardi - Donati).djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
72 i. canti

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Canti (Leopardi - Donati).djvu{{padleft:82|3|0]]

campi il sereno e solitario riso,
130né degli augelli mattutini il canto
di primavera, né per colli e piagge
sotto limpido ciel tacita luna
commoverammi il cor; quando mi fia
ogni beltate o di natura o d’arte
135fatta inanime e muta; ogni alto senso,
ogni tenero affetto, ignoto e strano;
del mio solo conforto allor mendico,
altri studi men dolci, in ch’io riponga
l’ingrato avanzo della ferrea vita,
140eleggerò. L’acerbo vero, i ciechi
destini investigar delle mortali
e dell’eterne cose; a che prodotta,
a che d’affanni e di miserie carca
l’umana stirpe; a quale ultimo intento
145lei spinga il fato e la natura; a cui
tanto nostro dolor diletti o giovi;
con quali ordini e leggi, a che si volva
questo arcano universo; il qual di lode
colmano i saggi, io d’ammirar son pago.

  150In questo specolar gli ozi traendo
verrò: ché, conosciuto, ancor che tristo,
ha suoi diletti il vero. E se del vero
ragionando talor, fieno alle genti
o mal grati i miei detti o non intesi,
155non mi dorrò, ché giá del tutto il vago
desio di gloria antico in me fia spento:
vana diva non pur, ma di Fortuna
e del Fato e d’Amor diva piú cieca.

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.