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al santuario | 129 |
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— Uno scandalo, no! Per mia madre. Ne morrebbe!
— E forse il nostro amore perderebbe la sua più grande attrattiva, uscendo dal mistero che ora lo circonda!
— Non dire così. Anche al cospetto del cielo e della terra!... Soltanto per mia madre!
— Perchè vuol condurti via? È impossibile che io viva, anche per qualche mese, lontano da te.
— Resisterò... Mi ammalerò... più gravemente.
E così dicendo sorrideva.
Allora, a poco a poco, il cielo delle loro anime si schiariva, assumeva una limpidezza raggiante di sole; e tutti e due dimenticavano il mondo, come se quella camera, quell’appartamentino (a cui si accedeva da due vie e sembrava fatto apposta per eludere i sospetti della gente) rimanesse così lontano lontano da dar l’illusione che essi fossero i soli esseri viventi in un’isola, in un continente, in un pianeta sperduto nello spazio.
E quando la piccola soneria dell’orologio, mezzo soffocata da un drappo per attutirne lo squillo, li destava dal dolcissimo sogno, ella spesso ripeteva:
— Sì, sì, basta! Si può morire di felicità!