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un sogno 227

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Il sogno era stato questo.

Gli era parso di vedersi davanti al letto l’amico, entrato senza far rumore, quantunque l’uscio della camera fosse rimasto chiuso col paletto interno.

— Tu? E mi hanno detto che sei morto!

Si era rizzato a sedere sul letto, tendendogli le mani.

— Non si muore; sono più vivo di prima.

La voce era esile e le parole parevano tremolare, quasi ondulare dietro la gola prima di uscire dalle labbra smorte che si movevano appena.

— Son venuto per ringraziarti di quel che hai detto ieri sera di me. È vero: mi hanno avvelenato!...

— Dunque sei morto!

— Non si muore, ti ripeto. Si sparisce, perchè gli occhi nostri non riescono a vedere.

— Che posso fare per te? Denunziarli?

— È inutile.

— Dovranno godersi il tuo patrimonio gli assassini? Hai lavorato tanto! È una infamia!

— Non se lo godranno. Vedi? Questo è il mio

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