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l’«omo selvaggio» 303

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— T’inganni.

— Era gelosa di me. Pareva sorvegliasse ogni mio atto, diffidasse d’ogni mia parola, specie in questi ultimi mesi. Che si figurava? Non te n’ho parlato mai. Che si figurava?

— T’inganni.

Era vero; la morta non era arrivata a voler molto bene a quella nuora, vivace, ardita, la quale si compiaceva di fare a botte e risposte con certi avventori che venivano a comprare sigari o sigarette, e indugiavano nella scelta, evidentemente per intrattenersi con lei. Verissimo: la morta era diventata diffidente del figlio che sembrava incantato di qualunque cosa dicesse o facesse la moglie, e rideva di ogni risposta piccante di lei a qualche avventore, senza adombrarsi dell’insidia che le parole dell’avventore potessero nascondere.

— Se al suo paese usa di parlare così con gli uomini, tu dovresti avvertirla che qui non usa.

— Parole, mamma! Parole di scherzo, mamma!

— Dalle parole ai fatti ci suol correre poco.

L’estrema bontà del suo cuore non gli permetteva di concepire il minimo cattivo sospetto contro la moglie; ma da quel giorno in poi ebbe qualcosa nell’animo — una lieve nebbia, un sordo ron-

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