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l’«omo selvaggio» 313

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— Mi chiamano: l’«omo selvaggio». Non voglio smentirli.

Pietro La Rocca si era lasciato ricadere di peso su la seggiola da cui si era rizzato cominciando a sfogarsi: Ah, signor parroco!

Era pallido come un morto, curvo e si torceva le mani mentre cominciavano a sgorgargli dagli occhi due rivoletti di lacrime che s’infiltravano tra i peli dell’ispida barba, senza ch’egli facesse niente per arrestarle o un gesto per asciugarle.

— Siate forte!... Lasciatevi vincere dal vostro gran buon cuore. Voi soffrite pel divieto che v’imponete di non fare il bene.... Volete che vi aiuti?... Volete?

— No!

E mentre egli, scattato in piedi, tentava di ricomporsi, di far sparire dal viso le tracce delle lacrime, il parroco gli diceva:

— Ricorrerò alla carità dei benefattori che non si rifiutano di aiutare il prossimo, qualunque esso sia. Dirò: per la moglie di Pietro La Rocca!

— La moglie di Pietro La Rocca — egli rispose, parlando come un trasognato — non ha bisogno della carità di nessuno!... Ha la sua casa, ha una stanza, un letto dove potrà morire in pace....

— E il vostro perdono, sopratutto.

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