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TARDI

IL nostro amore ci rapìa ne ’l cielo.
  Ei m’era a i piedi su i ginocchi prono,
  Quando, inatteso, de l’oriuolo il suono
  Ci scosse come un brivido di gelo.

È tardi! io dissi. Ed ei, preso il mio velo
  Con un gesto di bizza e d’abbandono,
  Lo gittò su la mostra: e gli occhi, anelo,
  Figgeva in me chiedendomi perdono.

Sorrisi. Allor tra le convulse braccia
  Ei mi raccolse e mi premè più forte,
  Forte così che mi schiantava il core.

Mentre in tono di cinica minaccia,
  Come rintocchi lugubri di morte,
  Implacate battean volando l’ore.

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