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Dopo il festino.
È sazio, cupo, solo. Con la bruma del sonno una tristezza maliarda scende. L'ultima face par che arda sovra una bara: muor torbida e fuma.
S'accosta alla finestra. È l'alba. Guarda. Rinasce il mondo sempre? Si consuma la gioventù, la voluttà, la spuma della vita, e più nulla... Or che più tarda?
E lentamente una figura scialba ondula emersa da la nebbia rara. «Sempre più triste, a che, importuna, torni?
È troppo tardi per mutar miei giorni! è troppo tardi, o importuna e cara, che a notte affogo e che risorgi a l'alba!»
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