< Pagina:Cena - Homo.djvu
Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
Garibaldi.
I.
Ebbe il braccio fulmineo degli avi e il nostro cuor dal palpito profondo. V'è un genio istesso, che dal suol fecondo della patria rivive a' giorni gravi?
Eri tu certo, Ligure, che davi a un re straniero inutilmente un mondo; or, dato un tetto a un popolo errabondo, all'unïon dei popoli auguravi.
E quando sul Gianicolo balzasti, Roma sorrise a tutti gli uomini. Ere di sangue, chiuse! Aperti nuovi fasti!
Or tu, sul monte, bronzeo resti, quale della leggenda ultimo cavaliere, poi che ti colse in fronte l'Ideale.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.