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[1081-1083] Ostinazione, ricredersi, pentirsi 357

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1081.   Maggior difetto men vergogna lava.

(Dante. Inferno c. XXX, v. 142).

cioè anche una minore vergogna sarebbe sufficiente a lavare un errore più grave.

Il pentimento venga in tempo, se non si vuol pagarlo troppo caro, e così dicendo la memoria suggerisce subito una frase famosa:

1082.   Pœnitere tanti non emo.[1]

(Aulo Gellio, Noctes Atticae, lib. I, c. 8 § 6).

che fu la risposta di Demostene alla cortigiana Laide la quale gli aveva chiesto 10,000 dramme come prezzo dei suoi favori; anzi, come Aulo Gellio stesso soggiunge, le precise parole di Demostene sarebbero anche più argute: οὒκ ὼνοῦμαι ἆυρίων δραχμῶν μεταμέλειν.

1083.   Ablue peccata, non solum faciem.[2]

è la traduzione latina di una iscrizione bizantina, che si legge. o si leggeva, intorno al battistero della basilica di S. Sofia in Costantinopoli, e si trova anche ripetuta in quello della chiesa di Notre-Dame-des-Victoires a Parigi. Essa era così scritta in greco:

ΝΙΨΟΝΑΝΟΜΗΜΑΤΑΜΗΜΟΝΑΝΟΨΙΝ

e come si vede restava la medesima, tanto se letta da destra a sinistra, quanto da sinistra a destra.


  1. 1082.   Non pago così caro un pentimento.
  2. 1083.   Lava anche i tuoi peccati, non soltanto la faccia.
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