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212 | capitolo xi. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Chiarini - Vita di Giacomo Leopardi.djvu{{padleft:248|3|0]]fratello Carlo, non sapendo quasi niente d'italiano, non gusterebbero un.... le più belle produzioni che si mostrassero loro in questa lingua; e non prendono nessuno interesse in un genere di studi inaccessibile per loro. >1
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Che a Roma non ci fosse una befana che guardasse al passeggio i giovinetti belli e ben vestiti è un po' difficile crederlo : invece è più probabile che le signore e le signorine, le quali non conoscevano il Leopardi, guardassero lui, anche se in compagnia di bei giovinetti, con occhio non troppo lusinghiero. Probabilmente anche le donne di casa Antici, che lo conoscevano e lo sapevano un giovane di molto ingegno e di molta dottrina, gli avranno involontariamente lasciato capire che il suo fisico non era tale da innamorare le ragazze. Una di esse. Manetta, la cugina, piaceva a Carlo, che le aveva fatto un po' di corte a Recanati; e ora, a sentire lui, n'era furiosamente innamorato, e sperava di essere corrisposto; e scrivendo a Giacomo, lo pregava di parlarle di lui in modo da destare e tenere viva in lei un po' di gelosia. Giacomo, per quanto volesse bene al fratello e lo compiacesse (almeno è da credere) anche in questi suoi desiderii galanti, non poteva, rispetto a lui e agli altri bei giovinotti, non sentirsi dentro di sè mortificato e addolorato. Il suo rammarico e il suo dolore su questo argomento li aveva espressi recentemente nell' Ultimo canto di Saffo, e sono largamente illustrati, oltre che dalle sue lettere, dai suoi pensieri dello Zibaldone; fra gli altri da questo: «L'uomo d'immaginazione, di sentimento, e di entusiamo, privo della
1) Epistolario, vol. I, pag. 895.