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242 CAPITOLO XII.

priamente certo clie troveranno terra, Colombo, il quale comincia un po' a dubitarne, risponde che ad ogni modo l'aspettazione, le ansie e i pericoli di questo viaggio hanno avuto per lui e pe' suoi compagni que- sto vantaggio, di liberarli per qualche tempo dalla noia, e far loro cara la vita e pregevoli molte altre cose che altrimenti non avrebbero avuto in considerazione. Come è certo che una simile risposta non sarebbe mai uscita dalle labbra del grande navigatore, così è certo, secondo la spiritosa osservazione del De Sanctis, che Giacomo Leopardi non avrebbe scoperta l'America. Le Operette morali sono una musica solenne e lu- gubre, nella quale un coro di voci lamentose, stra- zianti, canta che ciò che esiste e sente è creato per soffrire. Anche i quattro ultimi componimenti dei quali ho fatto cenno mettono in quel coro una nota che non stuona; ma in fine del coro, sopra i gemiti e il pianto della gente che soffre, s'ode su in alto una nota gioconda: è il canto degli uccelli, i quali sono, dice l'autore, le pivt liete creature del mondo. L'Elogio degli uccelli è come un'oasi, dove finalmente il lettore trova riposo e conforto dal triste viaggio a traverso le desolate pagine delle Operette morali. E riposandosi pensa: Oh quanto dolore deve essere costato questo libro, nel quale anche il riso ò fatto di lacrime! Esaltando la sorte degli uccelli che, liberi e felici, volano e cantano per gli spazi del cielo, il misero poeta piangeva, io penso, sulla propria captività. Ma da quella fantasia poetica ilare e lieta passa subito ad una tristo e lugubre, il Cantico del Gallo silve- stre. \j Elogio fu finito il 5 novembre; il Cantico fu cominciato il 10.— Su, mortali, destatevi, dice il can- tico; ripigliate la soma della vita, dalla (jualc non siete ancora liberi ; ma vorrà tempo che riposerete per sempre nella quiete del sonno; poiché Tessere delle cose ha per suo unico fine il morire ; e lo creature ani- mate, cercando affannosamente per tutta la vita la

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