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260 CAPITOLO XIII.

< Questa ancora è una delle mie fortune. > Ma la for- tuna, se gli mancava da una parte, lo soccorreva dal- l'altra. Lo Stella, il quale desiderava che il Leopardi lavorasse unicamente per lui, gli propose, proprio al- lora, di lasciare le lezioni e di dare tutto il suo tempo alla revisione del Cicerone, al Petrarca e ai moralisti greci, dicendogli: < Già s'intende che i dieci scudi al mese ch'Ella ritrae dalle lezioni (allo Stella il Leo- pardi aveva scritto che il Greco gli dava sei scudi e il Papadopoli quattro) verrebbero suppliti da me. > ' 11 Leopardi accettò con riconoscenza; e fu convenuto che, a cominciare dal gennaio 1826, egli riceverebbe dallo Stella pe' suoi lavori l'assegno di venti scudi al mese, che gli assicurava la permanenza fuori di casa. ♦

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Mentre Giacomo attendeva ai suoi lavori per lo Stella, non dimenticava il posto di segretario dell'Ac- cademia. Eran passati dei mesi, e né lui nò il Bunsen non sapevano il resultato della lettera del Segretario di Stato al Cardinale Legato; benché questi avesse mandato la sua risposta fino dal 24 agosto. La sostanza della risposta era: che l'ufficio non poteva ora conferirsi stabilmente, e non poteva con- siderarsi vacante, essendo tenuto da un interino, certo Francesco Tognetti, al quale sarebbe stato ingiusto preferire un altro. Il Segretario di Stato capì che non c'era niente da fare; ma non ebbe coraggio di comunicare l'esito negativo delle sue pratiche al Bun- sen. Invece gli scrisso offrendo al Leopardi la catte- dra di eloquenza greca o latina nella Università di Roma. Il Bunsen comunicò immediatamente l'offerta al liCopardi, invitandolo a partire subito por la ca- pitale. Ma Giacomo, cui dispiaceva lasciare Bologna,

  • MjpMolarto, rol. ITI, pag. 820.
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