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262 CAPITOLO XIII.
oggetti di cui prima d'ogni altro si sarebbe occupato^ sarebbe stata la nomina del suo raccomandato. La cortese risposta dovette parere al Segretario di Stato una promessa bella e buona; e come tale la spese col Bunsen; il quale si affrettò a comunicarla al Leo- pardi, dicendogli che oramai la sua nomina gli pa- reva sicura.' Il Camerlengo si recò infatti a Roma, e si occupò subito della cosa; ma ecco in qual modo. Nella udienza del 21 novembre presentò a Sua Santità una Belatone, con la quale, premesso non essere conveniente fare nessuna nomina mentre pen- deva ancora la riforma dell'Accademia, diceva che informatosi dell'indole e della condotta del Leopardi, era venuto a conoscere essere egli in vero dotato di molta dottrina, massime nelle lettere greche ed italiane^ e d!un ingegno veramente grande e straordinario, ma esservi al tempo stesso motivo di dubitare della retti- tudine delle sue massime, sapendosi essere egli molto amico ed intrinseco di persone già note per il loro non savio pensare e avendo, benché con molta astuzia, fatti trapelare i suoi sentimenti assai favorevoli alle nuove opinioni morali e politiche in odi italiane da lui stam- pate l'anno trascorso in Bologna. Dopo di che la re- lazione concliiudeva, non essere prudente impiegare il Leopardi in Bologna lontano alquanto dagli occhi del Governo che puh sopravvegliarlo ; ma che essendo egli di età ancor fresca e capace di rimettersi sul buon sentiero, se mai ne avesse traviato, si riteneva oppor- tuno clie fosse occupato in lioma nella Vaticana, come scrittore o in altro modo dove potesse sviluppare me- glio i suoi talenti e insieme tenuto con ritegno e ve- gliato nella sua morale e politica condotta. l'or quanto buono fossero le disposizioni del Pon- tefice verso il Leopardi, che altro poteva egli fare, « Veli //'./'./■/«, voi. II, png. 61.