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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Chiarini - Vita di Giacomo Leopardi.djvu{{padleft:30|3|0]]paeselli e di case campestri, l’occhio, quando il cielo è puro, dal monte d’Ancona si spinge a traverso l’Adriatico fino ai monti della Dalmazia; da ovest chiudono l’orizzonte le lontane cime degli Appennini, lasciando spaziare la vista verso nord fino al monte Sanvicino, dal lato opposto fino ai monti della Maiella; un’ampia distesa di colline, di pianure, di valli, verdeggianti di boschi, ridenti di campi coltivati e di ville.
Da questo ameno e variato paesaggio ebbe Giacomo Leopardi le prime impressioni della vita e del mondo, dolci impressioni, delle quali consacrò i grati ricordi nelle poesie. Chi vuol mettere a riscontro del vero quei ricordi, chi vuol vedere Recanati nel suo bello, deve andarci nella primavera. E sentirà la verità di quei versi:
Primavera d’intorno
Brilla nell’aria e per li campi esulta,
Si ch’a mirarla intenerisce il core.
D’inverno è un’altra cosa; d’inverno, quando il tempo è buono, Recanati è quasi sempre avvolta da un triste velo di nebbia. Ciò che forse, insieme all’aria mutabilissima, umida, salmastra, che il poeta disse crudele ai nervi, contribuì ad alimentare, con tante altre cause più gravi, la congenita e immedicabile malattia di lui.
La città e tutta, si può dire, in una strada, la strada principale, che la traversa da un’estremità all’altra, ed alla quale metton capo molte vie e viuzze trasversali. All’estremità sud-ovest sorge il vecchio palazzo Leopardi, che fu la triste prigione ove stoltezza e malvagità condannarono il povero poeta a dibattersi per oltre due terzi della sua misera vita, meditando e cantando il dolore umano. Parecchie altre famiglie nobili, una quarantina circa, avevano in Recanati il loro palazzo, e vi dimoravano, ai tempi della fanciullezza di Giacomo. Tenevano tutte car-