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266 CAPITOLO XIV.
Tutto il discorso àeìVEpistola è Io svolgimento e la illustrazione di questo singolare raziocinio : poiché l'uomo, per fare che faccia, non riesce mai a conse- guire la felicità, che è lo scopo della sua vita, così tutte le opere e fatiche umane sono puro ozio. Le notti e i giorni Tragge in ozio il nocchiero ; ozio il perenne Sudar ne le officine; ozio le vegghie Son de' guerrieri e '1 perigliar ne l'armi ; E '1 mercatante avaro in ozio vive. In questo paradosso sta tutto il succo e la novità deW Epistola. Chi enuncia una sentenza eh' è in per- fetta opposizione col comun modo di pensare, vi fa sulle prime restare meravigliati ed increduli; ma se poi conforta quella sua sentenza paradossale con una serie di ragionamenti che han tutti l'aria di essere condotti a filo di logica, a mano a mano ch'ei parla va crescendo in voi la meraviglia, e scema l'incredu- lità. Magari, alla fine del discorso non rimarrete per- suasi, ma ammirerete il ragionatore. UEpistola è strettamente legata con le Operette morali : potrebbe anche esserne l' epilogo, o meglio il prologo. Che fu ispirata dalla primavera, oltre il fatto d'essere stata composta nel marzo, ò attestato da uno dei due luoghi poetici ai quali ho accennato. Anche il Pepoli era poeta, cioè faceva dei versi: ora Giacomo, dopo avere augurato all'amico la ventura che sentiva mancare a sé, di conservare eterna la gioventù del cuore (ti faccia un tempo La favilla che il petto oggi ti scalda, Di poesia canuto amante); prosegue : Or quando al tutto irrigidito o freddo Questo petto sarà, nò degli aprichi