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SEMPEE A BOLOGNA. 271
il Mai, che non le lesinarono gli elogi. Ebbe una grande smania di far versi : e troppi ne fece, imme- more del precetto oraziano : Mediocribus esse poetis — Non Dì, non homines, non concessere cohimncv. Nel 182G, quando il Leopardi la conobbe, essa non aveva dato alle stampe altro che la traduzione in versi sciolti del Riccio rapito del Pope.' Se la conoscesse prima di recitare i suoi versi all'Accademia non so ; ma è certo che a quella Accademia la signora dovè intervenire, e che la relazione amichevole strettasi poi fra loro cominciò poco dopo. In quel tempo essa era tutta occupata nel volgarizzare alcune delle opere di Cicerone, i frammenti Bella Repuhhìica e il libro Della natura degli Bei: certo aveva sentito parlare con am- mirazione del giovine conte, del suo sapere e della sua infelicità; conosceva probabilmente e ammirava le Camoni di lui, se anche non era in grado di in- tendere tutto ciò che era in esse di nuovo, di forte, di originale; e alla lettura fatta da lui stesso àeì- V Epistola al Pepoli, dovè rimanere meravigliata e commossa. Questo giovine pieno di dottrina e d'ingegno, min- gherlino e malaticcio, che a ventotto anni cantava, con l'accento della più schietta sincerità: lo tutti Della prima stagione i dolci inganni Mancar già sento, e dileguar dagli occhi I^e dilettose immagini, che tanto Amai, che sempre infino all'ora estrema Mi fieno, a ricordar, bramate e piante; questo reietto della gioventù e della vita, ne' cui oc- chi dolci e malinconici sedeva il dolore, dovè inte- ressare la contessa letterata, a cui nella florida ma- turità degli anni sorridevano ancora tutti i sentimenti • Il Riccio rapito di Alessandro Pope, Bologna, 1822.