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DA RECANATI A FIRENZE. 299

come il Giordani ; e quelli che, come il Niccolini e il Colletta, stavano con un piede in una scuola, e con l'al- tro nell'altra; c'era il Montani romantico, e tuttavia grande ammiratore del Giordani e del Leopardi. Na- turalmente i romantici stavano per la lingua popo- lare, benché il Capponi scrivesse con forbitezza di let- terato; i classicisti stavano per la lingua letteraria, benché taluni, come lo stesso Giordani, volessero in teoria la lingua popolare. La differenza delle opinioni non era men grande in filosofia, in religione, in politica; ma tutti, qua- lunque opinione professassero, erano uniti insieme da un sentimento forte e sincero di italianità; tutti erano d'accordo nel volgere la letteratura a scopi civili, nel propugnare con le scuole, con gli istituti (li beneficenza, e con ogni altro mezzo che le na- zioni più progredite insegnassero, il miglioramento materiale e morale del popolo. Questo, eh' era lo scopo della Antologia, voluto dal suo fondatore, era anche il cemento che stringeva in un concorde volere tante intelligenze, tanti caratteri, tante opinioni diverse. Nella storia della nostra cultura rimangono un bel- l'esempio di cortesia e di cordialità letterata quei dieci anni dal 1820 al 1830 in cui il meglio degli scrittori italiani era raccolto in Firenze intorno al Vieusseux. Fatto singolare e degno di nota ! nello stesso unno 1827 si incontrarono a Firenze nelle sale del palazzo Buondelmonti, presso il Direttore della ^n^oZo- gia, i due più grandi scrittori italiani del secolo, Gia- como Leopardi e Alessandro Manzoni; i quali avevano in quello stesso anno pubblicate, l' uno le Operette mo- rali, l'altro I Promessi Sposi. Quell'incontro in quella occasione fu come il bacio di pace e di fratellanza che si diedero, in faccia all'avvenire, la scuola clas- sica e la romantica. Il Leopardi, che fu così super- bamente classico, pur partecipando le migliori idee del romanticismo, lodò I Promessi Sposi; il Manzoni

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