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A ri«A E A FIRENZE. 309

Da prima dimostrò il suo malumore con un lungo si- lenzio; poi quando Giacomo, per consiglio della so- rella, gli ebbe scritto, rispose sfogando, coni' egli diceva, il suo cuore. Dolevasi che il figlio non corri- spondesse al suo affetto e non avesse in lui confidenza. Tare, diceva, che il vostro cuore trovi un qualche in- ciampo per accostarsi al mio, il quale vorrebbe esser veduto da voi una volta sola, per un solo lampo, e questo ffli basterebbe. Quanto al freddo, s'egli fosse andato a Recanati, gli avrebbe con stufa, bussole e tappeti ac- comodata una camera, talmente che potesse vedere V in- verno, sen^a sentirlo. Aggiungeva malinconicamente: < Se nelle stagioni buone dovrete star fuori per ac- costarvi ai letterati, e per accudire alle lettere, e nelle stagioni cattive dovrete star fuori per evitare il nostro clima troppo rigoroso, il luogo e la stagione per vivere assieme saranno il paradiso e l'eternità. >' Non si può negare, l'ho già detto, che Monaldo, a modo suo, amasse il figliuolo, anzi che padre e figliuolo si amassero ; ma due barriere insormontabili impedi- vano il pieno e libero avvicinamento dei loro cuori: il sistema di educazione nel quale Giacomo era cre- sciuto, e le opinioni sue perfettamente opposte a quelle del padre, 11 Leopardi era da pochi giorni arrivato a Pisa, (juando l'amico Francesco Puccinotti, allora profes- sore a Macerata, gli scrisse che un signor Mancini, tipografo in quella città, desiderava stampare un vo- lume di scritti suoi. Il Leopardi, desideroso di con- tentare l' amico e lo stampatore, rispose facendo due proposte: 1* chiedere allo Stella, che n'era il pro- prietario, i manoscritti àoìV Epitttto e àoiV Isocrate; 2* ristampare in un solo volume le Canzoni e i Versi pubblicati a Bologna nel 1824 e nel 1826, con corre- zioni e aggiunta di cose nuove.

  • Lettere scritte a G. Leopardi dai suoi parenti, pag. 233, 234.
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