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A PISA E A FIKENZE. 317

che lavora e canta, lieta e pensosa; qua il poeta, che al suono della sua voce si leva dai libri, si afifaccia alla finestra, e guarda il cielo sereno. Quelle due giovinezze vivevano di dolci pensieri e di liete speranze. Ed ecco, prima che arrivi l' inverno, Teresa muore ; e muore indi a poco la speranza del poeta, muore all'apparire del vero; e additandogli con la mano una tomba gli dice che oramai è tempo di morire. Metricamente la canzone A Silvia segna il pas- saggio dalle canzoni della prima maniera, nelle quali le strofe hanno tutte lo stesso numero di versi, a quelle della seconda. »

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Ai primi di maggio Giacomo scriveva allo Stella che la Crestomazia poetica presto sarebbe terminata, e che fra poco egli sarebbe tornato a Firenze. Ci tornò difatti il 10 giugno, e appena arrivato scrisse al padre che solamente il non poter viaggiare col caldo gì' im- pediva di andare subito a Recanati. Gli era morto, per malattia di petto repentina, il fratello Luigi, nel- l'età di ventiquattro anni; ed egli sentiva il desiderio e il bisogno di trovarsi al più presto fra i suoi. < Io mi vergognerei di vivere, scriveva più tardi alla Tomma- sini, se altro che una perfetta ed estrema impossibi- lità ra' impedisse di andare a mescere le mie lagrime con quelle de' miei cari. > ' Le lettere che in questa occasione si scambiarono Monaldo e Giacomo sono piene di dolore e di affetto egualmente sinceri. E non altro che una prova di questi sentimenti da parte di Giacomo è l'avere egli scritto al padre: < Anch'io in questi giorni ho ricevuto i SS. Sacramenti colla in- tenzione ch'Ella sa. >" 1 Epistolario, voi. II, pag. 319, 320. - Idem, pag. 298.

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