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A PISA E A FIIÌENZK. 321
queste donne sciocchissime, ignorantissime e superbe, mi fanno ira; io non veggo altri che Vieusseux e la sua compagnia; e quando questa mi manca, come ac- cade spesso, mi trovo come in un deserto. In fine mi comincia a stomacare il superbo disprezzo che qui si professa di ogni bello e di ogni letteratura: massi- mamente che non mi entra poi nel cervello che la sommità del sapere umano stia nel saper la politica e la statistica. >' La lettera seguita e finisce con una eloquente tirata sulla perfetta inutilità degli studi latti dall'età di Solone in poi per ottenere la perfe- zione degli stati civili e la felicità dei popoli. Se Giacomo non aveva ora a Firenze altra compa- gnia che quella degli amici di Vieusseux, si capisce come non dovesse trovarcisi molto contento; perchè, ove si eccettuino esso il Vieusseux, il Montani, e non saprei chi altri, la maggioranza di quelli amici non era (lo dicemmo già) nelle sue simpatie. L'accusa di superbo disprezzo per ogni bello ed ogni letteratura andava a loro diritta diritta; e, diciamo la verità, non era interamente giusta. Il Capponi, il Tommaseo e gli altri non disprezzavano il bello e la letteratura solamente vedevano questa e quello sotto un aspettò diverso da lui. Il sommo dell'arte stava per lui negli scrittori classici greci e romani, e idoleggiava una letteratura italiana che si sforzasse di riprodurre la perfezione degli antichi; essi volevano una letteratura Italiana che fosse essenzialmente moderna nella forma e nel contenuto, che mirasse a fini di utilità pratica e cu educazione morale; e fra i mezzi atti a conse- guire cotesti fini mettevano, principalissimo, la reli- gione cristiana, ch'egli credeva cagione di molti mali al genere umano. Il dissidio, come si vede, era profondo; ed il Leo- pardi non Ignorava che le idee allora predominanti
- Epistolario, voi. II, 315.
Chiabini, Leon, ^ 21