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330 CAPITOLO XVII.

l'ammonizione canonica; e mentre Monaldo era lon- tano da casa per affari, e tutti stavano tranquilli, poi- ché Carlo aveva promesso che non avrebhe fatto un passo decisivo durante l'assenza del padre, il 12 marzo avvenne il matrimonio. L'inaspettato avvenimento, che scompigliava tutti i disegni di Monaldo e della contessa Adelaide, portò la costernazione in famiglia. Carlo, abbandonata la casa paterna, andò ad abitare con la sposa e con la madre di lei; e i genitori lo considerarono oramai come un figlio perduto. Egli forse sperava che, in un avvenire non lontano, lo avrebbero ribenedetto, es- sendo quello dei figli che pareva destinato a racco- gliere l'eredità e la rappresentanza della famiglia. E Monaldo, dice un suo compiacente biografo, lo per- donò subito. < Io lo perdono, scrisse difatti a Paolina, col cuore di un padre amoroso e cristiano. > PJ non volendo, soggiunge il biografo, clic il tìglio avesse a vivere di elemosina, lo ammise alla stia mensa, e lo sovvenne di consigli e di ainti.^ Questo fu tutto il perdono. Carlo evidentemente sperava ben altro. Tanto è vero che, mentre le famiglie si erano più tardi ricon- ciliate, (juando i suoi trattarono di dar moglie al fra- tello Pier Francesco, la conciliazione fu subito rotta. '

    I fatti accennati poterono contribuire a rendere più incresciosa al nostro poeta la sua nuova dimora in Uecanati ; ma anche senza di essi il natio ljor(/o 8clva(f(jio non gli sarebbe sembrato mai tanto selvag- gio quanto questa volta, perchè v'era tornato senza avcrr* la ivrUv/./.a. di poterne uscire. ' Avoli, AuloHofffafia di Monaldo Liopanli, i>n{{. JJOy.

    • Vodi UlUrt di Paolina, pAg. 281. mm
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