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l' ultima dimora a RECANATI. 331
Una settimana appena dopo il ritorno, scriveva al Rosini: « Fo conto di aver terminato il corso della mia vita; >' e lo stesso, presso a poco, al Vieusseux e ad altri. Il suo primo pensiero, il suo pensiero d'ogni {giorno, durante i terribili sedici mesi che passò que- sta volta a Recanati, fu di trovar modo di uscirne. Tutta la sua corrispondenza di quei sedici mesi (una (juarantina di lettere, poco più) non ha quasi, si può diro, altro fine. Non poche delle sue lettere erano dirette agli amici perchè gli trovassero un impiego, un itttpieyo letterario onorevole e di non troppa fatica, tale, che si potesse ac- cordare colla sua salute.- Ma quale inipiego letterario si poteva accordare colla salute di un uomo che, co- m'egli diceva, non era in grado nò di letfffere, nò di scri- vere, nò dì pensare i:^^ Si potrebbe supporre ch'egli esa- gerasse la sua impotenza; ma i fatti dimostrano che in quei sedici mesi egli non potè attendere a nessuno dei lavori dai quali avrebbe potuto ritrarre qualche guadagno. Aveva pronto nello Zibaldone il materiale per l'articolo sulla questione omerica; articolo che il Vieusseux aspettava e sollecitava ; ed egli non fu in grado di scriverlo, anzi nemmeno di cominciarlo. Lo stesso Vieusseux gli aveva dato a leggere la tradu- zione inglese della storia romana del Niebuhr per- chè ne pigliasse argomento ad uno scritto per V An- tologia : l'argomento era per lui attraentissimo; sapeva che trattandolo avrebbe fatto cosa gradita, non solo al Vieusseux, ma anche al Niebuhr ; e nei primi tre mesi venne leggendo stentatamente il libro, che gli fece grande impressione, e ne cavò estratti ed appunti; ma questi rimasero nello Zibaldone, senza ch'egli tro- vasse il momento opportuno di metterli a profìtto. E il IG febbraio del 1829, scrivendo al Vieusseux per • Epistolario, voi. II, pag. 340.
- Idem, pag. o4r>. ' Idem, pag. 340.