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L' Ur/riMA DIMORA A RECANATI. 343
Dovè esser pure un grande infelice l'artista che, dopo aver dipinto quo' due graziosi quadretti fiam- minghi, sentì l'amara voluttil di ofluscarli con le tristi nebbie delle sue riflessioni. Posteriore di pochi giorni alle tre poesie di cui abbiamo parlato ò il Catito notturno di un pastore errante dell'Asia, cominciato il 22 ottobre e finito soltanto il 9 aprile 1830. Il lungo intervallo di tempo trascorso fra il principio e la fine di questa, eh' è una dello più splendide e nella sua semplicità /ardite li- riche del nostro autore, non si spiega che con una o più interruzioni. Negli otto mesi dal settembre 1829 a tutto apri- le 1830 il Leopardi scrisse appena una diecina di let- tere, né tutte da sé ; e in alcune meno brevi impiegò più giorni: oltre queste lettere ed il Canto del pa- store, non scrisse assolutamente niente altro; nem- meno una pagina dello Zibaldone. Ma la poesia, se la scrisse in più tempi, la pensò, credo, tutta d'un fiato ; poiché pare gittata nel verso, come nella forma una statua di bronzo. Che cosa fossero di tristo per il poeta quelli otto mesi di assoluta inazione è ditìicile immaginare. Ed é meraviglioso come in quello stato potesse comporre quel Canto; è meraviglioso come da quella folla di torbidi e foschi pensieri che tenevano oppresso e come atterrato l'animo suo si sprigionasse a un tratto una viva e lucida fiamma di poesia. Nelle altre poesie egli, pure discendendo talora a conclusioni e considerazioni generali, aveva sempre trattato qualche argomento particolare avente atti- nenza più meno stretta col gran problema dell' es- sere. In questo Canto affronta senz' altro tutto intero il problema.