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10 | capitolo i. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Chiarini - Vita di Giacomo Leopardi.djvu{{padleft:38|3|0]]cresciuto di prezzo; ciò che, secondo lui, non poteva, per la difficoltà dei tempi, mancare. Fatti i conti, ci avrebbe guadagnato un sessanta o settantamila scudi; coi quali avrebbe pagato i debiti, che molti e gravi oberavano il suo patrimonio, e investito il resto in nuovi acquisti. Ma il prezzo del grano calò, e il povero conte dove contentarsi di rivenderlo scapitando qualche migliaio di scudi.
Poco appresso gli misero in testa una grande impresa agraria. Credendosi intelligente e pratico nella materia, si lasciò facilmente persuadere, e in compagnia d’altri prese a livello una grande tenuta nella provincia romana, per bonificarla con la cultura delle Marche: ma avevano fatto i conti senza l’oste, cioè senza la malaria. Le famiglie dei poveri contadini delle Marche trasportate nella campagna romana vi morivano; e Monaldo dove abbandonare l’impresa con una perdita rilevante.
Tutto ciò non fece che aggravare le condizioni già minacciose del patrimonio del povero conte e mettere lui in grande apprensione.
Probabilmente la contessa Adelaide, appena entrata in casa Leopardi, dovette accorgersi che le faccende dell’amministrazione domestica andavano male. Uscita da una famiglia meno ricca, ma più savia nel commisurare le spese all’entrate, avrà subito cercato di rimediare con un po’ d’ordine e d’economia; ma nei primi anni, un po’ per la novità, un po’ per la trepidazione continua in cui tutti vivevano in quelle vicende pubbliche, non credò forse il male così grave, e non vide la necessità di provvedimenti serie radicali. Questa necessità non tardò però a manifestarsi. Non poterono restarle interamente nascoste le cattive speculazioni del marito; le giunsero all’orecchio le domande, le pressioni, le minaccie dei creditori, ch’erano molti ed ingordi: allora ella aprì gli occhi; e li fece aprire al marito; e