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348 CAPITOLO XVII.
morire e a Recanati non tornare mài più. E ne scrisse al Vieusseux, domandandogli se credeva ch'ei potesse a Firenze trovar da campare dando lezioni e tratteni- menti letterarii in casa. < Dico, soggiungeva, lezioni letterarie di qualunque genere ; anche infime ; di lin- gua, di grammatica, e simili. E vorrei che mi rispon- deste subito che potete, perch' io partirò presto, e secondo la vostra risposta determinerò se debbo vol- tarmi a Firenze, o cercare altri barlumi di speranza in altri luoghi. >' Era, come si vede, la risoluzione della disperazione; qualche cosa di somigliante alla fuga dalla casa paterna tentata nel 1819. Mentre la lettera di Giacomo al Vieusseux viag- giava da llecanati a Firenze, una lettera del Colletta al Leopardi, in data 23 marzo, era in viaggio da Fi- renze per Recanati. La lettera diceva: < Sta a voi, amico mio, venire a viver tra noi, provvedere alla vostra salute, compiacere i vostri amici. Mi diceste una volta che 18 francesconi al mese bastavano al vo- stro vivere: ebbene, 18 francesconi al mese voi avrete, per un anno, a cominciare, se vi piace, dal prossimo aprile. Io passerò in vostre mani, con anticipazione da mese a mese, la somma suddetta; ma non avrò altro peso ed uHìcio che di passarla: nulla uscin\ di mia borsa: chi dà, non sa a chi dà; e voi che ricevete, non sapete da quali. Sarà prestito, qualora vi piaccia di rendere le ricevute sommo; e sarà meno di prestito, se la occasione di restituire mancherà: nessuno sa- prebbe a chi chiedere ; voi non sapreste a chi rendere. Nessuna leggo vi ò imposta. > La lettera finiva: < Ri- spondete subito; venite presto: noi vi aspettiamo a braccia aperte. Non fantasticate su le persone, e sui modi; voi sbaglicrcsto facilmente. Credete, parola per parola, a quanto vi ho scritto. >' I /•;„wo//»»'M, Tol. II, pag. 886. ' Il M vi. Ili, pftg. 294, 296.