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380 CAPITOLO XIX.

e mostrato desiderio di leggere i suoi Canti, eh' essa diceva essere ricercati da molti a Milano e a Parigi.* Maggior piacere dovette arrecargli una lunga ed afiFettuosa lettera del Gioberti, del quale non aveva notizie da molto tempo. Gli parlava di sé, de' suoi studi, delle sue opinioni filosofiche, lo eccitava a scrivere le operette di filosofia delle quali gli aveva parlato quel giorno che fu con lui a Recanati; e pi- gliando occasione dal volumetto dei Canti, che aveva letto recentemente, entrava a parlare con lodi entu- siastiche de' suoi scritti in verso ed in prosa. < Voi, diceva, a quell'età in cui gli altri cominciano a stu- diare spontaneamente e ad esercitarsi nello scrivere, siete giunto alla perfezione, e avete dato tal saggio di prose e di poesie, che toglie anche ai migliori in- gegni la speranza di potere imitarvi. > E dei Canti di- ceva che tutti quelli che li avevano letti si trovavano d'accordo con lui nel giudicarli < i più bei versi li- rici che si siano scritti in Italia, dopo quelli del Pe- trarca. >'

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A proposito dell'odio del Leopardi pei suoi Roca- natesi, il Ranieri nel Sodalizio racconta un aneddoto, che ha tutto lo apparenze della verità. Una mattina il Ranieri fece di buon'ora venire un parrucchiere a tosargli i capelli. 11 piccolo quar- tiere abitato da lui e dal Loopardi si componeva di due camere divìse da un salottino. Sedutosi il Ranieri nel salotto, il parrucchiere nell' accìngersi al suo la- voro gli disse che ora di Recanati, e gli domandò: < — Com'è ch'ella ha con so il figliuolo del conto Mo- ' La letUra dolla L«nzoni trovaai inoditn nelle carte napo> leUno.

  • Inedita nelle oarte napoletano.
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