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434 CAPITOLO XXI.

trine filosofiche allora prevalenti, avevano un alto concetto di lui. Egli vedeva volentieri questi letterati, che amava e stimava, e che si avvicinavano a lui per mezzo del Ranieri. Alcuni li conosceva già fino da Firenze, come Alessandro Poerio, verso il quale, se potè per un momento avere un po' di malumore, a cagione della ammirazione di lui per il Tommaseo, il malumore passò presto, ed egli non tardò a ren- dere giustizia al giovane amico, che fu uno de' suoi più alti e degni estimatori.

    Ebbc a quel tempo grande importanza in Napoli la scuola del marchese Basilio Puoti; la quale, seb- bene censurata poi giustamente per l'angustia delle idee letterarie da alcuni di quelli stessi che vi appar- tennero, ebbe i suoi meriti, e non piccoli, verso la cultura napoletana, anzi italiana. Essa rappresentava in Napoli quello che il Cesari e i suoi seguaci nella letteratura dell' Italia superiore ; il culto cioè e lo stu- dio della lingua degli scrittori del buon tempo ; con questo divario, che quella del Puoti era una vera pro- pria scuola, dove sotto la direziono del maestro si davano precetti ed esempi e si facevano studi ed esercizi. Il Puoti e i suoi giovani scolari, scrive lo /um- bini, tennero in f/run proffio il Loo|)ardi, e quando accadeva loro di rivciìeiio di tanto in tanto, erano lii li di fargli le mafjffiori dimostrazioni di stima.^ il De Sanctis narrava poi allo /unibini giovanotto, di una visita fatta dal Leopardi alla scuola del Puoti: < Nar- rava come, mentre tutti ansiosamente lo aspettavano, il poeta giungesse appoggiato al braccio di un suo

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