< Pagina:Commedia - Inferno (Lana).djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

INFERNO. — Canto II Verso 16 a 34 119

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Commedia - Inferno (Lana).djvu{{padleft:123|3|0]]

Però, se l’avversario d’ogne male
  Cortese i fu, pensando l’alto effetto
  Ch’uscir dovea di lui, e ’l chi e ’l quale
Non pare indegno ad omo d’intelletto;
  20Ch’e’ fu de l’alma Roma e di suo impero
  Ne l’empireo ciel per padre eletto:
La quale e ’l quale (a voler dir lo vero)
  Fu stabilita per lo loco santo
  U’siede il successor del maggior Piero.
25Per quest’andata onde li dai tu vanto,
  Intese cose che furon cagione
  Di sua vittoria e del papale ammanto.
Andovvi poi lo Vas d’elezïone,
  Per recarne conforto a quella fede
  30Ch’è principio a la via di salvazione.
Ma io, perché venirvi? o chi ’l concede?
  Io non Enëa, io non Paulo sono;
  Me degno a ciò né io né altri ’l crede.
Per che, se del venire io m’abbandono,




quale risposta risponde Dante e dice: Se l’ adversario d’ogni male, cioè Dio, li fe’ tanto di cortesia ch’ elli volse e ch’elli andasse ad avere consiglio con Aiichise, com’è detto, elio lo fe’ pensando lo grande effetto che dovea essere e seguire dello erede di Eneas, cioè che ne dovea nascere Romulo e Remo, li quali doveano edificare Roma, la quale cittade in processo di tempo sarebbe luogo di imperio e poi luogo di santa Ecclesia, e però dice: Il successor del maggior Piero. E perciò quand’elli li andò, elli intese dal padre come doveva reggersi contra Turno, e come doveva essere vincitore. E la cagione del papal manto, cioè del luogo principale della santa Ecclesia. Ancora dice Dante: andovvi poi; cioè ancora andò san Paulo in inferno, e fu fino al terzo cielo in Paradiso. E la cagione fu per revelarne cose che fusseno confortamento e accrescimento della fede cattolica. In la quale andata elli vide le jerarchie delli angioli come stavano, e di questo admaestrane san Dionisio, lo quale scrisse De angelica jerarchia. Sichè per esso si si acresce la fede: la quale virtude spirituale è lo principio della salvazione umana, e senza la quale non si può acquistar vita eterna, sicome ne scrive lo detto san Paulo: sine fide impossibile est Deo piacere. E apella san Paulo, sicome fa la scrittura, Vas electionis.

V. 31. Or dice Dante: la mia venuta non è a alcuni de’ predetti effetti, cioè di costituire cittadi, nè di agiungere conforto a nostra fede ancora ch’ il concede, sicome fu conceduto da Dio ad Eneas e a san Paulo; io non ne sono degno, nè ancora si crede per altrui ch’ io ne sia degno.

34. Conclude come teme, non sentendosi sufficiente, di non potere tal viaggio compiere.

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.