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126 INFERNO. — Canto II. Verso 128 a 142

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  Chinati e chiusi, poi che il Sol gl'imbianca,
  Si drizzan tutti aperti in loro stelo;
Tal mi fec’io, di mia virtute stanca: 130
  E tanto buono ardire al cor mi corse,
  Ch’io cominciai come persona franca:
O pietosa colei che mi soccorse,
  E tu cortese, che ubbidisti tosto
  Alle vere parole che ti porse! 135
Tu m’hai con desiderio il cor disposto
  Sì al venir, con le parole tue,
  Ch’io son tornato nel primo proposto.
Or va, che un sol volere è d’ambedue:
  Tu duca, tu signore e tu maestro: 140
  Così gli dissi; e poichè mosso fue,
Entrai per lo cammino alto e silvestro.



de’ copisti che l’adattarono al pronunciare della loro età. In quella antica la terminazione della terza voce in plurale d’ogni tempo facevasi aggiungendo un no alla voce terza del singolare. In questo Lana raro incontrasi l’artificioso, che è passato in uso oggi che par natura, e perciò gl'imperiti, ma arroganti al solito, gli attribuirono a difetto e a vizio ciò ch’è anzi integrità e giustezza. Chi voglia aver la storia della lingua la studii in chi scrisse innanzi al quattrocento, o in quel torno

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