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182 ARISTOFANE

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per udirti, a pie’ farei!
Parla dunque, o tu che sei
il diletto’mio, coraggio!

salsicciaio

Si, mette conto udir come landò!
Io di qui mi scagliai sùbito, dietro
le sue péste. In Consiglio rimbombavano
i paroioni suoi già come tuoni,
franavan come rupi; ed investiva,
ciurmando, i Cavalieri, e sciorinava
congiure. Tutt orecchi era il Consiglio,
e v’attecchian le sue fandonie come
zizzania; e i consiglieri, accipigliati,
facean la grinta di chi biascia senapa.
Quand’io badar li vidi a quelle chiacchiere,
ed abboccare a quelle ciurmerie:
— Oh Geni miei, sciamai, Trappole, Bindoli,
Broccoli, Gabbamondi, Mascalzoni,
oh Piazza ove educato io fui fanciullo,
audacia ora mi date, lingua sciolta,
voce sfasciata.... — Or mentre si dicevo,
un rottinculo a dritta scorreggiò!
La terra io bacio, con una culata
sfondo il cancello, e sgangheratamente
urlo: « Buone notizie, oh consiglieri!
E questa prima vi darò. Da quando
scoppiò la guerra, non ho visto mai
le acciughe a si buon prezzo! » — Tornò subito

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