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192 ARISTOFANE

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salsicciaio

E s’io non t’amo, o Popolo, se le mie tenerezze
per te. non sono, in tritoli sia tagliato e bollito.
Vuoi-di più? Su un’agliata col cacio io sia qui trito,
pei coglioni al Ceràmico sia tratto col rampino!

paflagone

Più di me amarti, o Popolo, può verun cittadino?
Quando fui del Consiglio, prima t’empiei l’erario
coi quattrini di tutti, qui facendo il sicario,
li l’aguzzino, altrove l’esattor. Né privato
alcuno, pur di farti piacere, ho risparmiato.

salsicciaio

Non c’è proprio bravura! So farlo al par di lui,
Popol! Vo’ anch’ io rubare e offrirti il pane altrui.
Ch’ei non t’ama, e non s’occupa di te punto né poco
vo’ provarti, e che solo si riscalda al tuo fuoco!
Vede te, che, pugnando per la nostra contrada,
sui Medi, a Maratona, vibrasti la tua spada,
e desti al nostro eterno fanfaronar la stura,
col tuo trionfo: assiso ti vede sulla dura
pietra, e non se ne piglia. Come me non fa punto!
Questo cuscin ti reco, io, di mia man trapunto;
e te l’offro. Ora levati, e poi qui siedi in piuma:
la chiappa salaminia così non si consuma!

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