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PREFAZIONE LXXIX

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Quanto fosse giusto il biasimo malignamente nascosto
in quel <i poco dispendio » non sapremmo dire. Che l’elogio fosse giusto e calzante, prova a sufficienza nn brano
superstite delle Fiere, già ricordate, in cui si svolge il
motivo, tanto caro alla fiaba, degli oggetti Semoventi.
È un dialoghetto fra uno che propugna il ritorno allo
stato di natura, e un altro che esalta invece i comodi della
civiltà (14):
Né più servi né serve alcun possederà?
E dovrà dunque un uomo già avanti con l’età
far da servo a sé stesso?
No, no, ché semovente
ogni cosa io vo’ rendere!
Bell’util per la gente!
Certo! Perché ogni oggetto correrà da sé stesso
quando uno lo chiama. — Tavola, vien qui presso,
apparécchiati. — Oh sacco, giù, e impasta la farina!
Oh boccia, mesci! — Ov’è la tazza? — Va’ in
cucina,
e sciàcquati. — Scodella le bietole, marmitta!
Pane, sul desco! — Ehi, triglia! Ma se non sono
fritta
da questa parte, ancora! — E dunque, ungiti un poco,
sprùzzatici del sale, poi rivolgila al fuoco.

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